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Sullo scaffale

Libri

Consigli di lettura, spunti di riflessione, recensioni di libri raccolti nel Centro di documentazione della Fondazione Sasso Corbaro.

Recensioni 

  • 9788865643693_0_536_0_75-2
    Piercing

    Ryu Murakami
    Atmosphere, Roma, 2021

    Ryu Murakami! RYU – premessa importante, dato che questo autore giapponese condivide il cognome con l’altro conterraneo più famoso, quello di nome Haruki. Attenzione però, forse solo in Italia Ryu è ...

    Ryu Murakami! RYU – premessa importante, dato che questo autore giapponese condivide il cognome con l’altro conterraneo più famoso, quello di nome Haruki. Attenzione però, forse solo in Italia Ryu è meno conosciuto del collega, perché in Giappone e altrove, i suoi romanzi (più di una cinquantina) sono molto letti e apprezzati e spesso finiscono riadattati in film di successo. Parlo frequentemente di premi letterari (una mia fissa, perdonatemi)… questo Ryu Murakami, per intenderci, con un altro romanzo che vi consiglio caldamente di leggere, Blu quasi trasparente, ha vinto il più famoso di quelli nipponici, l’Akutagawa.
    Ma ora vengo al libro che vorrei proporvi: Piercing. Pubblicato in patria nel 1994 e in Italia riedito di recente, nel 2021, dall’ottima casa editrice Atmosphere nella collana Asiasphere dedicata a scrittori e scrittrici asiatiche, questo romanzo, che possiamo definire un thriller psicologico, ha per protagonista Kawashima. Uomo apparentemente normale, padre di famiglia e marito innamorato, a un certo punto della sua vita sente di dover commettere un crimine efferato, come spinto da una forza interiore irrefrenabile. Nel corso del libro pian piano scopriamo, tramite indizi sparsi qua e là, che Kawashima da piccolo ha sofferto di abusi da parte della madre e che sente delle voci. L’infanzia difficile e la schizofrenia sono due caratteristiche che, a sua insaputa, il protagonista condividerà con la vittima prescelta, la prostituta Chiaki.
    Se le vicende sono sostanzialmente riassumibili in breve: un uomo malato chiama una prostituta, anch’essa casualmente malata della sua stessa patologia mentale, con l’intenzione di commettere un omicidio senza alcuna ragione che non quella dell’irrefrenabile e inconcepibile spinta interiore che lo guida a commettere questo atto – capite che siamo veramente di fronte a un racconto fuori di testa –, la lettura di questo romanzo vi porterà ad andare oltre i limiti che pongono i generi thriller o horror. Come, infatti, ben spiega Gianluca Croci nell’utile post-fazione, con Ryu Murakami ci troviamo di fronte a un autore che nei suoi romanzi, spesso violenti e fuori dalle righe, «indaga a fondo sul senso di precarietà della società odierna».
    Quindi, se sarete in grado di andare oltre a una lettura superficiale (oh, comunque godibilissima… Ryu Murakami scrive benissimo!) e sopporterete qualche scena… come dire… tosta – sangue e botte, non mancano! – vi renderete conto che all’interno di questo libro (come anche in altri dello scrittore) è forte la critica di una società «dove il continuo flusso di informazioni confina con l’entropia, gli apparati di controllo con le cospirazioni, la memoria con il trauma e l’amnesia» (Maurizio Ascari, citato da Croci nella post-fazione).

    Perché leggerlo? Perché chi legge già questo tipo di romanzi vi dirà che Ryu Murakami è uno dei migliori a scriverli e perché, chi come me, l’ha appena scoperto e ha ancora letto poco di questo autore (ma rimedierò a breve) vi dice che ogni tanto qualche libro sfidante e fuori dalle righe fa molto bene ai nostri neuroni.

    Una citazione dal libro: «Ecco perché la sua più grande paura, ancora più grande di quella della morte, era perdere la vista e l’udito per una malattia o un incidente. Impossibilitato a percepire i suoni e le immagini reali, assalito da un terrore incontrollabile, temeva che sarebbe impazzito in un istante».

    Nicolò S. Centemero
    Newsletter 47 - Dicembre 2023

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  • 9791280891440_0_536_0_75-2
    In fuga con la flebo

    Josephine Mark
    Valentina edizioni, Milano, 2023

    Get your motor runnin’ / Head out on the highway / Looking for adventure / In whatever comes our way… ecco, ora immaginate che queste parole non sono cantate dagli Steppenwolf ...

    Get your motor runnin’ / Head out on the highway / Looking for adventure / In whatever comes our way… ecco, ora immaginate che queste parole non sono cantate dagli Steppenwolf e non fanno da colonna sonora ad uno dei piano-sequenza più famosi del cinema americano, quello in cui Peter Fonda e Dennis Hopper sfrecciano nel deserto californiano sui loro chopper (esatto, Easy Rider, avete capito!), bensì da un lupo che ha appena rubato un pick-up per scappare dai cacciatori in compagnia di un coniglietto in chemioterapia.
    Cosaaaa? Eh, proprio così: un coniglietto malato e sottoposto a chemioterapia, insieme a un lupo – che dovrebbe in teoria essere suo nemico ed essere pure pronto a papparselo – fuggono in una avventura on-the-road. Insomma, capite che io potrei anche fermarmi qui e che voi dovreste andare subito a ordinare in libreria In fuga con la flebo, un bellissimo, divertentissimo (davvero, si ride di brutto e il lupo è pure un po’ sboccato), importantissimo e tutti gli altri -issimi che volete, graphic novel, dell’artista tedesca Josephine Mark.

    Perché leggerlo? Perché Mark è riuscita a fare quello che tanti romanzi sulla malattia non sono in grado di fare: evitare la retorica! E poi perché, date retta a me, in un’ora scarsa di lettura, vi troverete immersi in una storia per immagini (e che immagini! Mark disegna da dio e usa dei colori – i verdi della foresta, i bianchi i grigi e gli azzuri dei paesaggi nevosi – che difficilmente dimenticherete) capace di raccontare il  dramma della malattia oncologica pediatrica con sapiente leggerezza, con la giusta ironia e soprattutto senza nascondere le difficoltà a cui vanno incontro i malati.

    Una citazione dal libro: «abbiamo due buste di Paclitaxel, settantacinque palline di Ciclofosfamide, cinque fogli di Doxorubicina superpotente, una saliera mezza piena di Erceptina, un’intera galassia multicolore di eccitanti, calmanti, esilaranti, un litro di fisiologica, una bottiglia di Sterillium, una cassa di Paracetamolo e mezzo litro di etere puro… e… due dozzine di merendine».

    Nicolò S. Centemero
    Newsletter 47 - Dicembre 2023

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  • 978880626086HIG2
    Le schegge

    Bret Easton Ellis
    Einaudi, Torino, 2023

    Bret è morto, lunga vita a Bret. Tocca dire così… eh sì… tocca proprio dire così, perché Bret Easton Ellis is back!
    Infatti, al termine di 13 lunghissimi anni di pausa cominciati ...

    Bret è morto, lunga vita a Bret. Tocca dire così… eh sì… tocca proprio dire così, perché Bret Easton Ellis is back!
    Infatti, al termine di 13 lunghissimi anni di pausa cominciati dopo Imperial bedrooms (il romanzo più dimenticabile tra i suoi) e quando tutti, a dire il vero, lo davano già per bollito – tra un podcast a pagamento, degli improbabili tweet tipo «porta la coca!», due o tre flop con la settima arte e qualche ramanzina in stile boomer, con però particolare accanimento sulla Gen X, in Bianco (raccolta di saggi autobiografici del 2021) – il bad boy della letteratura americana tira fuori il capolavoro, aka Le schegge.
    Siamo negli anni 80 a Los Angeles, c’è un serial killer, una setta, ma ci sono anche e soprattutto ricchi ragazzi non ancora diciottenni strafatti di droghe e psicofarmaci, etero-bi-omo-sessuali, che guidano auto di lusso, per raggiungere party di lusso, in ville di lusso. Ok, ora chi conosce Ellis vada pure avanti… sì, la musica c’è, i brand ci sono pure quelli… esatto! Sì, ci sono Stephen King e la sua amata Joan Didion. Sì, c’è proprio tutto quanto. «Che novità» direte voi, «è il solito Ellis». E io dico: «e menomale!».
    Sentite, ma facciamo una cosa… smettiamola qui. Tanto di questo libro ne hanno parlato e scritto già tutti, ed è anche piaciuto a tutti. Beh, ci mancherebbe, è pazzesco! Vi aggiungo solo, se mi permettete, che Ellis è persino maturato nella prosa, trasformando quel suo minimalismo dei Meno di zero e American Psycho in qualcosa di più complesso, in un periodare più ampio, senza tuttavia perdere la sua capacità di tenerti incollato alle pagine, di sentirti parte dei dialoghi, di annusare il profumo delle colline della San Fernando Valley e dei boulevard gommati della città degli angeli.
    Quindi, cosa volete più di così? (qui ci starebbe bene quell’emoticon dell’omino con le due mani tipo ali accanto al viso)
    Ecco, forse però una controindicazione alla lettura di questo libro c’è – uffi, quelle ci sono sempre… le cose buone devono sempre fare un po’ male – ed è che dopo queste 700 e rotti pagine io mi trovo qui a scriver queste righe, senza nulla sul comodino da leggere perché finito Le schegge «e cosa cavolo inizio adesso?» è la domanda che vi ronzerà costantemente in testa almeno per qualche giorno.

    Perché leggerlo? Perché, come cantava un certo Manuel Agnelli con gli Afterhours: «Non si esce vivi dagli anni 80»

    Una citazione dal libro: «per nessuno» (dedica di Ellis, in esergo al romanzo).

    Nicolò S. Centemero
    Newsletter 46 - Novembre 2023

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  • 9788854528420_0_536_0_752
    L’imperatore delle nuvole

    Pierpaolo Vettori
    Neri Pozza, Vicenza, 2023

    A due anni dall’uscita di Un uomo sottile, che abbiamo presentato on-line con lo scrittore nel settembre del 2022 (...

    A due anni dall’uscita di Un uomo sottile, che abbiamo presentato on-line con lo scrittore nel settembre del 2022 (qui per rivedere quella serata) e recensito in Sullo scaffale, torna, sempre con l’editore vicentino Neri Pozza, Pierpaolo Vettori e lo fa con un titolo, L’imperatore delle nuvole, che spiega poco ma che – e qui sta il suo bello – evoca moltissimo. Vettori, che io trovo abbia sempre una magnifica spinta personale a voler trattare qualcosa di diverso rispetto a quanto scritto in precedenza, ci propone una distopia dalle atmosfere un po’ steampunk e un po’ cronenberghiane, tematizzando l’attualissima questione del «Muro» che vorrebbe proteggere dall’invasione dell’invasore.
    Per gestire il problema dell’immigrazione dal sud del mondo in Europa «È bastato spostare in Africa le frontiere europee e desertificare la zona al di là del confine con prodotti chimici» si dice nel libro, e poi costruire un muro e metterci dei sorveglianti. Proprio uno dei sorveglianti del muro, Franco Zomer è il personaggio principale di questa storia. Ma, da che mondo è mondo, e lo sappiamo bene, i muri li costruiscono i regimi totalitari e nei quali vige una disciplina assurda e malata… ed è così anche ne L’imperatore delle nuvole, che parte piano per poi accelerare di colpo e trasformarsi in un romanzo on the (desert) road. A questo aggiungo soltanto tre elementi, senza contestualizzarli e al solo scopo di incuriosirvi ulteriormente: c’è una storia d’amore, di quello vero e potente e di cui proprio il sorvegliante Franco Zomer sarà il protagonista, ci sono delle strane pillole in grado di provocare effetti dirompenti e drammatici in chi le assume e c’è la poesia.
    Considerando poi, l’ottima prosa – ricca ma mai eccessiva, bilanciata ma mai piatta – anche con questa sua ultima opera, direi che Pierpaolo Vettori si riconferma l’ottimo scrittore che è.

    Perché leggerlo? Per preparasi alla serata del 6 dicembre 2023, quando alle 20.30 Vettori sarà con noi on-line per presentare L’imperatore delle nuvole. Qui la locandina.

    Una citazione dal libro: «Ecco com’è sentirsi amati: sapere che qualcuno ti vuole bene, non in cambio di un tuo comportamento irreprensibile, ma solo per il fatto di essere vivo. Il rumore della risacca riempie il nostro silenzio. Poi arriva una cameriera e il teatro può ricominciare».

    Nicolò S. Centemero
    Newsletter 46 - Novembre 2023

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  • 45-12
    Amore

    Hanne Ørstavik
    Ponte alle Grazie, Milano, 2019

    Pubblichiamo questo mese una recensione di Stefano Cafarotti, primario di Chirurgia Toracica all’EOC. Siamo molto grati a Stefano, «amico» da tempo della Fondazione, che dopo ...

    Pubblichiamo questo mese una recensione di Stefano Cafarotti, primario di Chirurgia Toracica all’EOC. Siamo molto grati a Stefano, «amico» da tempo della Fondazione, che dopo la lettura di Amore di Hanne Ørstavik – come lui, relatrice al 9° Convegno della Fondazione tenutosi il 18 ottobre 2023 – abbia voluto donarci le sue impressioni sul romanzo più famoso della scrittrice norvegese.

    Il romanzo Amore offre un’esperienza di lettura straordinaria. Mentre segue le vite dei protagonisti – una madre, Vibeke e il figlio di otto anni Jon – è come se fosse possibile scrutare, nello stesso tempo, una doppia esistenza: un punto di vista soprannaturale, quasi divino.
    Ørstavik crea una connessione profonda tra il lettore e i suoi personaggi, permettendo di comprendere la loro fragile umanità. Questo parallelo tra le due vite raccontate nel libro richiama alla mente il concetto stesso di Divinità – una Divinità capace di osservare le esistenze di una madre e di un figlio con compassione, senza giudizio.
    Il lettore, in una dimensione metafisica, accede al segreto intimo di due esseri umani che non si parlano, che non si rivelano reciprocamente. La solitudine esistenziale dei personaggi diventa palpabile e il lettore si trova a riflettere sul proprio posto nell’universo, come se condividesse le loro stesse esperienze.
    In Amore la scrittrice dipinge a tratti piccoli e delicati una prospettiva profonda sull’umanità e invita il lettore a esplorare l’amore, la solitudine e la compassione in modo coinvolgente e unico. Ci esorta ad guardare l’adulto e il bambino che è in noi chiedendogli con dolcezza inaudita di amalgamarsi, di impastarsi in una cosa sola.
    Ørstavik sembra suggerire al proprio lettore di non rimanere ad aspettare a pancia in giù nella neve che la vita ci raggiunga.

    Perché leggerlo? Per ri-scoprire il valore del bambino che abbiamo dentro. Per non dimenticare che quel bambino sogna un trenino con cui viaggiare, insieme – per sempre.

    Una citazione dal libro: «Il rumore della macchina. Quando sta aspettando che arrivi non riesce a farselo tornare in testa. Me lo sono dimenticato, pensa. Ma poi arriva, spesso quando lui ha smesso per un momento di aspettarlo e non ci pensa. Lei arriva e lui riconosce il rumore, lo sente, nella pancia, è la pancia che si ricorda il rumore, non io, pensa, e appena dopo che ha sentito la macchina, la vede, da quell’angolo della finestra, la macchina blu gira la curva dietro il cumulo di neve in fondo alla strada, lei sterza per entrare in casa e sale la piccola rampa verso l’entrata. Il rumore è forte e si sente benissimo da dentro la stanza prima che lei spenga. Poi lui la sente chiudere la portiera della macchina e aprire il portone d’ingresso, Jon conta i secondi prima che si richiuda. Gli stessi rumori ogni giorno».

    Stefano Cafarotti
    Newsletter 45 - Ottobre 2023

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  • 45-13
    Stella Maris

    Cormac McCarthy
    Einaudi, Torino, 2023

    Di recente abbiamo pubblicato la recensione de Il passeggero, nella quale avevo già accennato che l’...

    Di recente abbiamo pubblicato la recensione de Il passeggero, nella quale avevo già accennato che l’ultimo progetto di McCarthy si sarebbe però completato solo a settembre di quest’anno, quando Einaudi avrebbe dato alle stampe il secondo elemento del dittico Il passeggeroStella Maris.
    Ça va sans dire, il 23 settembre mi sono fiondato in libreria e quella sera stessa e i due pomeriggi successivi son stati per me Stella Maris, solo ed esclusivamente Stella Maris.
    In questo caso, paragonato a Il passeggero, che si contraddistingue per la sua struttura complessa, per il suo mutare forma e stile, per i dialoghi a tre-quattro personaggi e i salti temporali, Stella Maris è un libro diversissimo, più breve, fulminante, composto da sei capitoli tutti dedicati al dialogo tra Alicia (la sorella schizofrenica di Bobby Western, già co-protagonista ne Il passeggero) e il suo psichiatra, il dottor Cohen, all’interno dell’ospedale che ha per nome il titolo del libro.
    Alicia, di sua spontanea volontà si presenta allo Stella Maris «in autobus e senza bagaglio» per farsi ricoverare; da quel momento iniziano le sei sedute, i sei dialoghi, il botta e risposta incalzante tra il medico e Alicia – botta e risposta la cui densità di contenuto e la cui alternanza di dramma e sarcasmo sono veicolate al lettore dalla grande capacità di scrittura di McCarthy, che qui, a mio parere, raggiunge il suo apice.
    Raccontarvi di quello che i due personaggi si dicono sarebbe per me impossibile… mi fermo qui e alzo le mani. Mi rendo conto dello scarso servizio delle mie parole, ma non sarei minimamente in grado di riportare la finezza di pensiero (la genialità di Alicia è messa continuamente a confronto con il tentativo dello psichiatra di «starle dietro», di provare, senza grande successo, a «tenerle testa») e la mostruosità della sofferenza dovuta alla malattia psichiatrica, presenti in queste pagine.
    Una recensione – questa, onestamente, non lo è – dovrebbe fornire elementi utili per capire se il libro faccia o meno per noi… io posso solo dirvi che ho la certezza che Il passeggero e Stella Maris (per me da considerarsi un romanzo unico) fa già parte di quella letteratura che a distanza di molti anni verrà ancora letta, riletta e straletta.

    Perché leggerlo? Perché chi teme il McCarthy che parla del West o il McCarthy del distopico La strada potrà provare ad innamorarsi del grande narratore americano partendo da questi due capolavori.

    Una citazione dal libro:
    «Molto probabilmente l’amore è di per sé un disturbo mentale.
    È una battuta?
    No.
    Crede sia così?
    Probabile. Forse no. A volte. La letteratura non è molto incoraggiante. L’esperienza nemmeno.
    Mi sta dicendo che era innamorata di suo fratello?
    Be’ da bravo psi crederà che l’incesto sia il modo per conquistare il cuore di una ragazza.
    Ma non era incesto.
    No. Solo desiderio.
    Non vuole parlare di questo.
    Gli affari di cuore hanno diritto a una certa riservatezza.
    Va bene».

    Nicolò S. Centemero
    Newsletter 45 - Ottobre 2023

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  • 44-1
    La chiave di Berlino

    Vincenzo Latronico
    Einaudi, Torino, 2023

    Dopo Le Perfezioni – per me il miglior romanzo in lingua italiana uscito nel 2022 – Vincenzo Latronico, classe ’84, da Bompiani passa ai Supercoralli Einaudi e pubblica un ...

    Dopo Le Perfezioni – per me il miglior romanzo in lingua italiana uscito nel 2022 – Vincenzo Latronico, classe ’84, da Bompiani passa ai Supercoralli Einaudi e pubblica un memoir sulla sua vita e sulla vita degli expat a Berlino.
    Prima ancora però di parlare de La chiave di Berlino, questo il titolo del libro appena uscito, lasciatemi spezzare una lancia in favore di una scelta interessante e riuscita, ovverosia quella di creare un dittico fiction/non-fiction, romanzo/memoir, i cui elementi (Le perfezioni e La chiave di Berlino), grazie ai temi comuni – la città tedesca e la generazione dei trentenni – instaurano tra loro un dialogo e si potenziano vicendevolmente, «chiudendo il cerchio» della efficacissima e sui generis indagine che Latronico fa su di sé e sui suoi coetanei, «fuggiti» come lui, per cercar fortuna, verso la città tedesca.
    Arrivando ora al memoir, al suo interno leggerete della prima e della seconda volta che Latronico si ritrova, sempre «per caso», a vivere a Berlino (tutt’ora vive lì), degli assurdi spazi vuoti di questa metropoli, di chi ha compiuto «la fuga» per ragioni diverse e prima di lui, come lo scrittore Christopher Isherwood, dei raver e dell’importanza dei rave per definire Berlino, la sua libertà, la sua musica e i suoi giovani, del lavoro di critico d’arte contemporanea, e anche e soprattutto, di quello di scrittore.

    Perché leggerlo? Perché chi è più giovane di Latronico può analizzare meglio alcuni fenomeni che sta vivendo in pieno attualmente tra cui la gentrificazione di interi quartieri e la difficoltà di trovare casa nelle grandi città europee, il lavoro precario e l’instabilità di tutto – dalle relazioni al clima del nostro pianeta. Perché chi è più vecchio di Latronico potrebbe riflettere su alcune scelte fatte in passato, che lo rendono in parte responsabile di quanto narrato nel libro. Perché chi ha più o meno l’età di Latronico si ritroverà moltissimo ne La chiave di Berlino… e questo, ve lo dico, farà un po’ male, ma anche bene: aiuterà a capirci.

    Una citazione dal libro: «Questo atteggiamento era strettamente dipendente dal presupposto, infantile e privilegiato, che le mie circostanze le potessi cambiare – che, appunto, la vita fosse una cosa che scegli.
    Ma in quel momento – inizio del 2021, più vicino ai cinquant’anni che ai venti, finito per caso a Berlino senza alternative possibili né progetti futuri – c’era ben poco che potessi fare di diverso da ciò che facevo».

    Federica Merlo
    Newsletter 44 - Settembre 2023

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  • 44-2
    La casa del mago

    Emanuele Trevi
    Ponte alle Grazie, Milano, 2023

    Il libro che si scrive dopo una tanto meritata quanto inattesa vittoria ad un premio importante (in Italia, IL più importante) come lo Strega è difficile ...

    Il libro che si scrive dopo una tanto meritata quanto inattesa vittoria ad un premio importante (in Italia, IL più importante) come lo Strega è difficile almeno come il secondo «nella carriera di un artista», citando le parole di una famosa canzone. La casa del mago, ultimo lavoro di Emanuele Trevi, arrivato a due anni dallo splendido Due Vite (recensito qui), seppur a mio avviso non raggiunga le vette letterarie di questo illustre precedente – ed è forse anche normale, fisiologico – è un libro solidissimo e come tutti i libri di Trevi, molto pieno di Trevi: della sua vita, della sua sempre mirabile ed elegante prosa e, soprattutto, di quella sua caratteristica e personalissima visione del mondo (i suoi più assidui e fanatici lettori, come me d’altronde, so che hanno capito a cosa mi riferisco).
    Ne La casa del mago lo scrittore romano decide di parlarci del padre, figura molto amata ma anche uomo particolare e «ingombrante» (papà Trevi, Mario, era un famosissimo psicanalista Junghiano) e del loro rapporto. Per farlo, coglie l’occasione di un trasloco (momento che sappiamo tutti bene quanto possa turbare la nostra psiche) proprio nella casa-studio medico del genitore, deceduto nel 2011.
    Il risultato è un racconto «alla Trevi» – lo so, vi sembrerà che io stia creando un genere ma, fidatevi, la sua scrittura è davvero peculiare e molto riconoscibile – capace di trasmettere, usando spesso quel pizzico di ironia che alleggerisce e, qui in particolare, dove rispetto a Due vite la tematica è meno drammatica, strappa il sorriso, tutto l’amore e l’importanza che il padre ha avuto e tutt’ora ha nella formazione del figlio.

    Perché leggerlo? Foss’anche solo per leggere le descrizioni delle gite a Venezia del piccolo Emanuele col padre, grande appassionato d’arte, per andare a vedere la Biennale, sarebbe un’ottima ragione. Tuttavia, credo proprio che una volta iniziato sarà difficile non andare oltre e non portarlo, in breve tempo, a termine.

    Una citazione dal libro: «La libertà alla fine della fiera è la cosa meno libera che esista al mondo. Perché noi non sappiamo mai, mai, quello che vogliamo. Per tutta la vita pensiamo di volere delle cose e invece ne vogliamo altre. Questa è la caratteristica fondamentale che ci distingue dagli altri animali, più ancora del riso e del linguaggio. E il non sapere esattamente ciò che si vuole deve essere per forza la conseguenza di un potente istinto di conservazione. Tanto è vero che nemmeno mio padre, nemmeno i più illustri guaritori della storia, avevano mai potuto mettere impunemente le mani sul meccanismo umano dell’inconsapevolezza: modifica disabilitata».

    Federica Merlo
    Newsletter 44 - Settembre 2023

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