logo
fondazione_sasso_corbaro_web2
Sullo scaffale

Libri

Consigli di lettura, spunti di riflessione, recensioni di libri raccolti nel Centro di documentazione della Fondazione Sasso Corbaro.

A cura di Federica Merlo

Recensioni 

  • 9788817156318_0_536_0_75
    Contro l’impegno

    Walter Siti
    Rizzoli, Milano, 2021

    Il 27 aprile è stata pubblicata una nuova raccolta di saggi, qualcuno inedito e qualcuno già uscito su giornali e riviste «seppure qui arricchito e risistemato per la nuova collocazione» ...

    Il 27 aprile è stata pubblicata una nuova raccolta di saggi, qualcuno inedito e qualcuno già uscito su giornali e riviste «seppure qui arricchito e risistemato per la nuova collocazione» di Walter Siti. Tanto è stato il desiderio di leggere subito il testo, considerata anche la tematica vicina agli argomenti d’interesse della Fondazione Sasso Corbaro, che l’ho subito preso in e-book e finito la sera successiva.
    Il libro analizza in maniera critica uno dei temi fondanti della letteratura ancora oggi molto attuale, quello che Sartre definiva l’engagement. Siti contesta l’attuale deriva della letteratura che, «come una brava infermiera», deve per forza fare del bene risanando il maggior numero di lettori possibile. In passato – fin qui niente di nuovo – si è sempre chiesto alla letteratura di essere «morale» e la stragrande maggioranza dei classici lo dimostra. Il problema attuale però, secondo Siti, è che tutto questo impegno, tutti questi messaggi positivi, hanno relegato in secondo piano «semplificando ed esteriorizzando», la forma. Individuati i temi, «buoni per definizione» (migranti, vari tipi di diversità, malattie rare, orgoglio femminile, olocausto etc.), quello che importa è che il messaggio arrivi senza «deludere», «sconcertare» o «disgustare», il fido lettore.
    La grandezza di questo Contro l’impegno, che dichiara tutto quanto ho riportato sin qui nella parte iniziale, sta anche nel fatto che, nella parte centrale, oltre a fare precisi riferimenti agli scrittori (tra gli altri Perrin, Murgia, Carofiglio, Saviano vengono «smontati» con la raffinatezza e le armi del critico letterario di razza) Siti fa anche molti esempi televisivi e legati ai nuovi media (podcast, social network etc.), anch’essi colpevoli di sacrificare la forma («strumento di conoscenza» e «contenuto a tutti gli effetti»), per far prevalere l’efficacia di un messaggio leggero, superficiale, frammentario, veloce… aereodinamico, per citare (come fa lo stesso Siti) il Baricco di The Game.
    Nel capitolo finale, a mio avviso insieme ai primi il migliore di tutto il libro, lo scrittore si chiede se ci sia «un modo per la letteratura di sostenere cause etiche e/o politiche senza avvilire le sue potenzialità conoscitive?» e risponde con tre esempi che vi lascio scoprire (Spoiler: dei tre uno è attuale, uno è un classico e uno un classicissimo!).

    Perché leggerlo? Per imparare come si fa «critica» e quanto sia fondamentale essere competenti, preparati e studiare a fondo la materia di cui si scrive… per farla bene!

    Una citazione dal libro: «Si fatica a distinguere tra l’uso benefico della parola quale si verifica in vari campi della cultura (psicanalisi, antropologia, educazione, giornalismo) e la letteratura che invece dovrebbe essere ascolto e avventura della parola».

    Federica Merlo

    Chiudi

    Leggi la recensione

  • 41tZk+j1fhL._SX306_BO1,204,203,200_
    Tre orfani

    Giorgio Vasta
    Casagrande, Bellinzona, 2021

    Tre diverse sedie campeggiano sulla bellissima copertina rosso vivo che l’editore Casagrande ha pensato per questo breve e fulminate racconto di Giorgio Vasta, scrittore (suoi i capolavori Il ...

    Tre diverse sedie campeggiano sulla bellissima copertina rosso vivo che l’editore Casagrande ha pensato per questo breve e fulminate racconto di Giorgio Vasta, scrittore (suoi i capolavori Il tempo materiale e Absolutely Nothing), sceneggiatore (Via Castellana Bandiera e Le sorelle Macaluso di Emma Dante) e direttore editoriale di Book Pride (fiera nazionale italiana dell’editoria indipendente).
    Tre orfani racconta dell’incontro di Vasta stesso, il giorno del suo cinquantesimo compleanno «alle sei del mattino di giovedì 12 marzo 2020» con i due personaggi «melvilliani» Achab e Bartleby, nella cucina della sua casa di Palermo. Reclusi per ragioni sanitarie in questo spazio domestico che percepiamo soltano come qualcosa di minimale ed essenziale, i suoi concreti fantasmi letterari fanno cose: preparano una torta «amalgama di formaggio e biscotti allo zenzero», guardano i bollettini della protezione civile su youtube, cancellano conversazioni di WhatsApp (Bartleby), intagliano un manico di scopa (Achab) le cui schegge diventano candeline per il dolce del compleanno. Ad un certo punto la scena si sposta in un esterno, sempre di reclusione: un terrazzino dal quale, come sul ponte della baleniera, Palermo si trasforma nell’Atlantico («Atlantica» è stato il titolo del festival letterario Babel del 2020 per il quale Vasta ha scritto il racconto), Palermo è la balena, Palermo è anche New York… e «l’unica cosa certa» restano i «tre orfani misantropi che sotto un cielo dove adesso gridavano le procellarie stavano finalmente per mangiare un tortino di formaggio, zenzero, acqua e fuoco».
    Onirico, perturbante, straniante, visionario, malinconico, nostalgico, etereo, fluttuante, profondo, cupo… è quasi impossibile smettere di trovare aggettivi per descrivere quanto si percepisce dalle parole di Vasta che, non solo sono capaci di evocare tempi e spazi, ma anche sonorità (si legga per esempio, ad alta voce, questa frase: «ma sulle cementine, e soprattutto sulle parti pavimentate col parquet, avevo contemplato un succedersi di piccoli solchi, a volte curvi e in altri punti sgorbiati – il riflesso geroglifico di un turbamento»).

    Perché leggerlo? Non solo perché se doveste scegliere un solo libro uscito quest’anno per ora vi direi di leggere assolutamente questo, ma anche perché a pensarla come me è anche il poeta Gianni Montieri che scrive sulla rivista culturale on-line Minima & moralia: «Il libro consta di trenta pagine e ne ha la densità di mille» e «Vasta fa letteratura, tutto qui. Io trovo conforto in tutto questo». Per chi volesse ascoltare Montieri e Vasta sulla pagina Facebook di Edizioni Casagrande trovate anche la loro video-intervista.

    Una citazione dal libro: «Di colpo malinconico, aveva chinato il capo, si era voltato, aveva preso una sedia e si era sistemato accanto a Bartleby. Non per un desiderio preciso, ma perché continuavo a non sapere cosa fare, avevo preso anch’io una sedia e mi ero messo accanto a loro, e ce ne eravamo stati là – tre figurine consunte, tre reduci non si sa da cosa e da dove: tre reietti: tre relitti; davanti a noi uno scampolo oscuro di città, qualche luce minuta, il cielo offuscato dalle nubi, la quiete».

    Federica Merlo

    Chiudi

    Leggi la recensione

  • Due_vite_01
    Due vite

    Emanuele Trevi
    Neri Pozza, Vicenza, 2020

    Non sopporto i book blurb o soffietti editoriali. Si tratta di quelle poche parole ad effetto, solitamente da parte di altri scrittori di fama, che per ...

    Non sopporto i book blurb o soffietti editoriali. Si tratta di quelle poche parole ad effetto, solitamente da parte di altri scrittori di fama, che per motivi di mero marketing esaltano le qualità del libro sulla cui copertina vengono stampate o apposte come fascette. Tuttavia, in questo caso, sono perfettamente concorde con quanto ha scritto Marco Missiroli di Due Vite di Emanuele Trevi: «Uno dei libri che ho amato di più in questi ultimi anni». Ecco, anche per me è proprio così!
    Premessa: Emanuele Trevi è un gigante della narrativa italiana e quando prendo in mano un suo libro so già in anticipo che sarà un capolavoro (si legga per esempio l’altrettanto recente Sogni e Favole, uscito per Ponte alle Grazie nel 2019). Infatti, Due Vite è stata per me l’ennesima conferma che lo scrittore romano è un vero fuoriclasse.
    In questo breve testo (non più di 120 pagine) Trevi racconta degli «spaccati» della sua meravigliosa amicizia con due scrittori, Rocco Carbone e Pia Pera, morti in giovane età (Carbone a quarantasei anni per un incidente in motorino a Roma, Pera a sessant’anni a causa della Sclerosi Laterale Amiotrofica). Ma è il «come» porta a termine questa operazione che rende Due Vite un testo interessantissimo! Schivando il rischio di fare del tedioso biografismo o, peggio ancora, di scadere nel retorico, Trevi decide di narrarci soltanto quanto si ricorda («ci sarà pure un motivo, se ci scordiamo di qualcosa») dei due amici e di rendere i vari aneddoti e i momenti trascorsi con loro dei nobili spunti per parlare di arte e di letteratura, per approfondire l’amicizia e le sue sfaccettature, l’incidente e la malattia e per riuscire anche a dirci qualcosa di sé e della sua visione della vita.

    Perché leggerlo? Per tifare per Due Vite al prossimo premio Strega (attualmente il libro è già nella dozzina dei finalisti).

    Una citazione dal libro: «Ma a che servirebbe? Più ti avvicini a un individuo, più assomiglia un quadro impressionista, o a un muro scorticato dal tempo e dalle intemperie: diventa insomma un coagulo di macchie insensate, di grumi, di tracce indecifrabili. Ti allontani, viceversa, e quello stesso individuo comincia ad assomigliare troppo agli altri. L’unica cosa importante in questo tipo di ritratti scritti è cercare la distanza giusta, che è lo stile dell’unicità».

    Federica Merlo

    Aprile 2021, Newsletter 15

    Chiudi

    Leggi la recensione

  • 978880624717HIG
    Bianco è il colore del danno

    Francesca Mannocchi
    Einaudi, Torino, 2021

    Sapevo che sarebbe stato pubblicato a febbraio di quest’anno Bianco è il colore del danno, memoir della giornalista mediorentalista Francesca Mannocchi. In questo testo, il cui titolo si ...

    Sapevo che sarebbe stato pubblicato a febbraio di quest’anno Bianco è il colore del danno, memoir della giornalista mediorentalista Francesca Mannocchi. In questo testo, il cui titolo si riferisce al colore dei segni radiologici della Sclerosi Multipla alla Risonanza Magnetica, la scrittrice racconta il percorso intrapreso per arrivare alla diagnosi e soprattutto i cambiamenti che il suo corpo e, di conseguenza, la sua vita, hanno subito dopo la scoperta di «essere malata» di questa patologia neurologica cronica e debilitante.
    Devo confessare che se non ci fosse stata una lettrice della news-letter che ci avesse richiesto di recensirlo, non credo che ne avrei scritto, nonostante questo libro io lo abbia letto tutto d’un fiato pochissimi giorni dopo la sua uscita. A volte però, per affrontare tematiche che, anche solo per delle coincidenze sfortunate, ci fanno più male di altre… serve qualcosa o qualcuno che ci dia una «spinta gentile». Quindi, grazie lettrice!
    Capirete, però, che per questo motivo ho ancor meno intenzione di quanto faccia di solito, di descrivervi nel dettaglio ciò che nel libro viene raccontato. Trasformo invece questa recensione in uno spassionato invito alla lettura di questo testo a tutti coloro che abbiano voglia di affrontare «un reportage di una guerra che ha per territorio il corpo e la storia dell’autrice» e che seguendo «due principali muovimenti narrativi che ne conseguono: da un lato il percorso riluttante, ma necessario, per addomesticare l’universo della medicalizzazione […]; dall’altro la ricerca del senso che sottopone a uno scandaglio spietato il passato e il presente dell’autrice» (Alessandra Sarchi, La lettura, 14 febbraio 2021) vogliano provare a comprendere l’unicità dell’essere umano di fronte alla malattia.
    Aggiungo altresì che Mannocchi, probabilmente anche per un suo personale imprinting giornalistico, non si dedica solo e soltanto ad una analisi lucida di sé, ma dedica molte pagine a denunciare, senza alcun timore, quelle che sono le mancanze del sistema sanitario (Italiano nella fattispecie, anche se i problemi sono simili per molte altre realtà), al rapporto spesso ambiguo dei sani con il malato e alla sua condizione di donna, lavoratrice e mamma di un bambino piccolo.

    Perché leggerlo? Perché è anche un libro pieno di bellissima musica (per chi volesse è raccolta qui)

    Una citazione dal libro: «Perché il sano, per quanto amore abbia, sarà sempre non-malato rispetto al malato. E in un luogo oscuro, il malato non glielo perdona».

    Federica Merlo

    Aprile 2021, Newsletter 15

    Chiudi

    Leggi la recensione

  • 9788806246372_0_536_0_75
    L’arte di legare le persone

    Paolo Milone
    Einaudi, Milano, 2021

    La scrittrice Valeria Parrella, in un twit del 12 febbraio 2021, scrive de L’arte di legare le persone: «È un sollievo sapere che qualcuno sa ...

    La scrittrice Valeria Parrella, in un twit del 12 febbraio 2021, scrive de L’arte di legare le persone: «È un sollievo sapere che qualcuno sa occuparsi dei nostri terrori».
    Lo psichiatra Paolo Milone ha scritto questo suo esordio nel corso dei quarant’anni passati «in prima linea» al servizio dei malati, in un Centro di salute mentale e in un reparto psichiatrico ospedaliero.
    Frammentario, poetico, ironico, L’arte di legare le persone è a tratti dolcissimo, a tratti cupo e violento. La Psichiatria d’urgenza, vera protagonista, è narrata da Milone per impressioni, aneddoti e riflessioni. Momenti lirici e attimi di pura tragedia si susseguono a ritmo incalzante e senza un apparente fil rouge. Nel libro non c’è spazio per la teoria e non c’è nulla di astratto, c’è il quotidiano del duro lavoro clinico, della sofferenza dei pazienti, del ritorno a casa la notte svuotati dalla fatica… ma c’è anche l’amore per i suoi matti (come li chiama l’autore) e per la propria professione.
    Infine, Genova, città in cui il libro è ambientato, che con le onde del suo mare lambisce tutte le vicende narrate.

    Perché leggerlo? Per prepararsi all’appuntamento con Paolo Milone che il 14 aprile 2021 alle ore 20.00 sarà ospite dei mercoledì della Fondazione Sasso Corbaro (maggiori informazioni sul sito sul sito www.sasso-corbaro.ch).

    Una citazione dal libro: «Se vedo qualcuno che si sporge, | offro la mano per non farlo cadere, | e mentre lo tengo gli chiedo cosa vede. | Sono un vigliacco: | io guardo l’abisso con gli occhi degli altri».

    Federica Merlo
    Marzo 2021, Newsletter 14

    Chiudi

    Leggi la recensione

  • 978885843451HIG
    La matematica è politica

    Chiara Valerio
    Einaudi, Milano, 2020

    Conobbi Chiara Valerio per la prima volta leggendo il suo romanzo Il cuore non si vede. Fu il mio primo libro del 2020 e ricordo che rimasi folgorata. Poi, ...

    Conobbi Chiara Valerio per la prima volta leggendo il suo romanzo Il cuore non si vede. Fu il mio primo libro del 2020 e ricordo che rimasi folgorata. Poi, in primavera, quando lentamente ci si apprestava ad uscire dalla prima ondata della pandemia comparve sugli scaffali delle librerie La matematica è politica, un curioso pamphlet di un centinaio di pagine pubblicato nella collana Vele di Einaudi (nella quale si trovano piccoli saggi uno più interessante dell’altro!).
    Chiara Valerio, che oggi lavora nell’editoria e conduce un programma su Rai Radio3, ha studiato e insegnato matematica per molti anni e ha un dottorato di ricerca in calcolo delle probabilità. In questo La matematica è politica è riuscita, partendo dalla scienza che l’ha formata, a discutere di democrazia «la democrazia, come il linguaggio, e tra i linguaggi la matematica […] è una costruzione culturale e […] va continuamente ridiscussa», di verità scientifiche «Le verità della scienza evolvono. E pensare agli scienziati come ai scerdoti della soluzione o della guarigione è un modo di delegare la responsabilità politica», di errore «l’errore è la nostra caratteristica principale», di cultura «l’istruzione è un processo orizzontale e collettivo, mentre la cultura è verticale e singolare. La cultura è una scelta individuale», di diritti «chi guadagna diritti, guadagna doveri», del corpo femminile «Come tutti gli intransigenti, gli orgogliosi, i fortunati mi sono accorta d’improvviso della differenza tra il corpo esposto e rivendicato delle donne come luogo di arte e di lotta e il corpo delle donne esposto come fosse vuoto», e anche di Covid «Deve cambiare qualcosa dentro di noi. Noi siamo il sistema sanitario, ciascuno di noi».
    E ci credereste mai che c’è anche lo spazio per Paperino nel mondo della matemagica? Per Barbie? Per Batman? Per Karate Kid? Per Ratatouille? Per Tolkien? Per Anna Karenina? Per Downtown Abbey? Ebbene sì! La capacità divulgativa di Chiara Valerio e questo suo libro sono due cose Xtra0dinarie 🙂

    Perché leggerlo? Perché aiuta a trovare vie da percorrere per riflettere sul periodo che stiamo vivendo.

    Una citazione dal libro: «studiare non serve, studiare comanda»

    Federica Merlo
    Marzo 2021, Newsletter 14

    Chiudi

    Leggi la recensione

  • 9788869981555_0_536_0_75
    Persone care

    Vera Giaconi
    SUR, Roma, 2019

    Vera Giaconi, classe 1974, scrittrice di origini uruguaiane da molti anni trapiantata a Buenos Aires è considerata una delle voci latinoamericane più importanti della sua generazione. Persone care è la sua ...

    Vera Giaconi, classe 1974, scrittrice di origini uruguaiane da molti anni trapiantata a Buenos Aires è considerata una delle voci latinoamericane più importanti della sua generazione. Persone care è la sua seconda raccolta di racconti, che in italiano leggiamo grazie alla bella traduzione di Giulia Zavagna per la casa editrice SUR.
    Si tratta di dieci «short stories» incentrate sull’analisi delle relazioni interpersonali, siano esse tra parenti, amici o semplici conoscenti. Giaconi, con una prosa che molti critici hanno definito scarna e precisa, indaga le relazioni umane nei loro dettagli più ambigui, oscuri e contradditori, catapultando il lettore nel clou delle vicende narrate, senza troppi preamboli e senza regalargli un vero scioglimento finale.
    Come spesso accade quando si tratta di raccolte di racconti, siamo portati ad eleggere il nostro preferito. Nel mio caso è Limbo, il numero sei, nel quale viene narrata la relazione tra una paziente affetta da una malattia a cui «si applicano tre degli aggettivi peggiori in assoluto: cronica, progressiva e incurabile […]» e il suo medico che si ammala a sua volta ed è costretto nel letto di un ospedale. 15 pagine semplicemente perfette!

    Perché leggerlo? Perché è un libro capace di rendere universali i personaggi e le vicende che racconta. Ogni lettore avrà la sensazione di ritrovare qualcosa di sé e del suo stare nel mondo con gli altri.

    Una citazione dal libro: «[…] non si può attribuire alla malattia tutto quello che mi succede, e per questo davanti a ogni nuovo sintomo o dolore la prima cosa non deve essere attaccare con qualche medicina ma verificare che la causa non sia un’altra. «Il fatto è che questa non è l’unica cosa che succede al tuo corpo» ecco un’altra delle tipiche frasi di Ribero. Ed è una delle mie preferite: mi aiuta a ricordare che, fuori dal suo studio e dalla sua area di influenza, il mio corpo continua a esistere nel mondo, continuano a succedergli cose».

    Federica Merlo

    Chiudi

    Leggi la recensione

  • 31QxNU3Y9pL
    Prima di noi

    Giorgio Fontana
    Sellerio, Palermo, 2020

    Un anno fa, il 3 febbraio 2020, prima dell’arrivo della pandemia che ancora oggi ci costringe alla distanza e agli «schermi», partecipavo all’ultima presentazione di un libro in presenza dell’...

    Un anno fa, il 3 febbraio 2020, prima dell’arrivo della pandemia che ancora oggi ci costringe alla distanza e agli «schermi», partecipavo all’ultima presentazione di un libro in presenza dell’autore. Quel libro era Prima di noi, ultimo romanzo dello scrittore Giorgio Fontana, già vincitore del premio Campiello nel 2014 con Morte di un uomo felice.
    Probabilmente, chi meglio è riuscita a descrivere in poche parole la grandezza e l’importanza di questo «librone» di 886 pagine è stata la scrittrice Claudia Durastanti, che con Fontana condivide la giovane età (entrambi nati nei primi anni ottanta) e la fama nel panorama letterario italiano: «Questo romanzo è un proiettile che entra nel Novecento italiano, passa la storia da parte a parte e fuoriesce dal presente trasformando il lettore, dopo essergli entrato nella testa quanto nel cuore». Fontana ha scritto quello che si definisce un «grande romanzo italiano», una saga, quella della famiglia Sartori, che parte dalla battaglia di Caporetto e arriva fino al decennio appena trascorso. Quattro generazioni, tanti personaggi e tanti avvenimenti della storia italiana che, non solo fanno da sfondo alle vicende familiari, ma diventano i veri motori delle stesse.
    Detta così, rischia di spaventare… ma, vi assicuro, Fontana è talmente abile a gestire la sua prosa lineare e raffinata, che i brevi capitoli da cui sono composte le undici parti in ordine cronologico in cui il testo si divide, scorrono veloci e non si vorrebbe mai arrivare alla fine.

    Perché leggerlo? Recentissima è la notizia che Prima di noi ha vinto il prestigioso premio Bagutta 2021… un’altra conferma che questo libro non bisogna farselo sfuggire!

    Una citazione dal libro: «Poi il contadino lo portò nel folto del bosco e gli mostrò una risorgiva, una polla d’acqua parzialmente ghiacciata e gli disse di toccarla per sentire il respiro del torrente. Davide affondò il pugno e il gelo gli risalì fino alla spalla, quindi aprì le dita e appoggiò il polso nel punto dove gli aveva detto l’uomo. La sabbia pulsava. Era come tenere la mano su una bocca che si apriva e chiudeva».

    Federica Merlo

    Chiudi

    Leggi la recensione

ERRORE: Compila i campi obbligatori!

Federica Merlo

Ricerca e documentazione

Educatrice. Svolge la sua attività clinica presso l’unità minorenni dell’OTAF e la sua attività di ricerca presso l’Istituto di Salute Pubblica della Facoltà di Scienze biomediche (USI). È collaboratrice della Fondazione Sasso Corbaro dal 2014.

Ha concluso un Bachelor in Lavoro Sociale e un MAS in Etica Clinica e Medical Humanities della SUPSI. Attualmente sta concludendo il quinto anno di Filosofia presso l’Università degli Studi di Milano.

Contatti: federica.merlo@sasso-corbaro.ch