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Sullo scaffale

Libri

Consigli di lettura, spunti di riflessione, recensioni di libri raccolti nel Centro di documentazione della Fondazione Sasso Corbaro.

A cura di Federica Merlo

Recensioni 

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    Etica dell’intelligenza artificiale

    Luciano Floridi
    Raffaello Cortina Editore, Milano, 2022

    Tra i primi saggi che recensisco in «Sullo scaffale», dove la narrativa la fa solitamente da padrone, questo Etica dell’intelligenza artificiale, scritto dal professor Luciano Floridi (ordinario ...

    Tra i primi saggi che recensisco in «Sullo scaffale», dove la narrativa la fa solitamente da padrone, questo Etica dell’intelligenza artificiale, scritto dal professor Luciano Floridi (ordinario di filosofia ed etica dell’informazione a Oxford e di sociologia della Cultura e della Comunicazione a Bologna) merita sicuramente l’attenzione degli amici della Fondazione Sasso Corbaro. La ragione è semplice e la si trova nel titolo. L’etica, che Floridi va ad esplorare all’interno del mare magnum dell’«intelligenza artificiale» (IA), è infatti uno degli interessi maggiori della Fondazione e, seppur il saggio non abbia l’intento di indagare in maniera specifica le applicazioni dell’IA nel mondo sanitario e anzi si possa piuttosto definire un’analisi a trecentosessanta gradi dell’utilizzo dell’IA in molti settori, non sono affatto rari gli esempi che provengono dal settore socio-sanitario (precisi riferimenti bibliografici permettono, tra l’altro, al lettore interessato di recuperare le pubblicazioni citate).

    Se dovessi selezionare i capitoli che ho trovato maggiormente interessanti (considerate che si tratta di un giudizio personale e non mi stupirebbe che la vostra curiosità ve ne faccia apprezzare probabilmente altri tra i quattordici di cui il libro è composto), il quarto capitolo nel quale Floridi definisce i principi etici fondamentali dell’IA (quattro sono gli stessi della bioetica: beneficienza, non maleficenza, autonomia e giustizia e il quinto è l’esplicabilità, ovvero il «Come funziona?» e il «Chi è responsabile del modo in cui funziona?») e il tredicesimo capitolo, nel quale il professore si sofferma a valutare le possibili applicazioni dell’IA per il bene sociale e l’impatto di progetti basati su questa tecnologia sui 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, sono sicuramente i miei favoriti.

    Perché leggerlo? Perché pensiamo di sapere qualcosa di IA, ma molto di quanto sappiamo – escludendo gli addetti ai lavori, chiaramente – è spesso nebuloso, impreciso e superficiale. Questo bel saggio di Luciano Floridi aiuta, invece, a fare parecchia chiarezza.

    Una citazione dal libro: «L’IA sta fornendo una riserva crescente di capacità di «agire smart». Messa al servizio dell’intelligenza umana, tale risorsa può potenziare enormemente l’agire umano. Possiamo fare di più, meglio e più velocemente, grazie al sostegno fornito dall’IA. Nel senso di «intelligenza aumentata», l’IA potrebbe essere paragonata all’impatto avuto dal motore sulle nostre vite. Maggiore è il numero di persone che godranno delle opportunità e dei benefici di una tale riserva di agire smart «a disposizione», migliori saranno le nostre società. La responsabilità è dunque essenziale, in considerazione del tipo di IA che sviluppiamo, di come la utilizziamo e se ne condividiamo vantaggi e benefici con tutti. Naturalmente, il rischio corrispondente risiede nell’assenza di tale responsabilità».

    Federica Merlo
    Newsletter #30, Luglio 2022

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    Canoe

    Maylis De Kerangal
    Feltrinelli, Milano, 2022

    Tra le scrittrici più importanti del panorama letterario francese, Maylis de Kerangal, della quale abbiamo già recensito in «Sullo scaffale» il bel ...

    Tra le scrittrici più importanti del panorama letterario francese, Maylis de Kerangal, della quale abbiamo già recensito in «Sullo scaffale» il bel romanzo Riparare i viventi, è appena uscita in italiano con Canoe (in Francia il libro è stato pubblicato nel 2021 da Gallimard, suo storico editore).
    Canoe è una raccolta di otto racconti – sette di lunghezza non superiore alle 15 pagine, uno, Mustang, si potrebbe invece considerare una storia lunga, di una sessantina di pagine – legati tra loro dalla costante presenza di una «canoa» in differenti forme (un ciondolo dorato, un oggetto di arredamento, la forma della scia della cometa di Halley nel 1986 etc.). Tuttavia, come ben ha notato Alessandra Sarchi su La Lettura del Corriere della Sera del 19 giugno 2022, «se la canoa è l’amuleto che racchiude la possibilità di un attraversamento […] l’altro polo tematico intorno cui ruota la raccolta è quello della voce umana, intesa come forma indelebile e unica, almeno quanto l’iride degli occhi o l’impronta digitale, dell’identità di ogni individuo». De Kerangal stessa, a tal proposito, ha dichiarato che la sua è stata una ricerca della propria voce tra la voci delle sue protagoniste, tutte donne, di tutte le età, solitarie, sognatrici, volubili, ossessionate, marginali ma sempre verissime.
    Tutto questo viene messo sulle pagine con uno stile estremamente raffinato e caratteristico, con il quale de Kerengal è capace di emozionare e di trascinare il lettore nei luoghi delle sue personagge, siano essi fisici o mentali. Insomma, anche questo Canoe, conferma e ribadisce il talento di una scrittrice brava come poche.

    Perché leggerlo? Banalmente? Perché è un nuovo libro di Maylis… quindi, imperdibile!

    Una citazione dal libro: «Io non riconosco più la voce di Sam. Da quando ci siamo ritrovati all’aeroporto, mentre l’emozione di rivederci, di riunirci per quella che si annunciava come una nuova fase della nostra vita insieme, ravvivava la goffaggine febbrile, quel misto di slancio e di ritrarsi pudico, tipico degli innamorati provati dalla separazione, ho percepito una variazione, seppure leggera, così tenue che non mi ci sono soffermata, perché quella voce continuava a essere la sua senza alcun dubbio e perché noi eravamo stravolti dalla situazione».

    Federica Merlo
    Newsletter #30, Luglio 2022

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  • 29-1
    Questi capelli

    Djaimilia Pereira de Almeida
    La Nuova Frontiera, Roma, 2022

    Questi capelli (pubblicato in italiano da poco da La Nuova Frontiera, ma uscito nel 2015 in portoghese) già dal prologo – bellissimo! –  ci fa capire che ...

    Questi capelli (pubblicato in italiano da poco da La Nuova Frontiera, ma uscito nel 2015 in portoghese) già dal prologo – bellissimo! –  ci fa capire che quelle 150 pagine che abbiamo per le mani saranno qualcosa di non comune.
    Il libro, infatti, esordio di Djaimilia Pereira de Almeida, portoghese arrivata a Lisbona a tre anni dall’Angola, è un memoir atipico e frammentario che si inserisce in quella letteratura che viene definita «post-coloniale». La protagonista Mila racconta in prima persona, usando l’espediente narrativo delle esperienze vissute dai suoi capelli – fatte di saloni sgangherati, parenti che si improvvisano parrucchieri e prodotti chimici per renderli lisci – quegli episodi della sua vita passati con i genitori, con i nonni e con gli amici che l’hanno resa la donna che è. Ne risulta una sorta di esplorazione di sé in rapporto con la sua storia, con quella della sua famiglia e con quella delle migrazioni dal continente africano… un po’ fallace però, per colpa della memoria. «Non possiamo negare che la nostra infanzia ha cambiato colore, la sua colorazione ora non è il seppia della fotografia, ma il seppia della nostra dimenticanza» dice a tal proposito Mila e anche «tutta la memoria è incognita».

    Perché leggerlo? Perché contiene la verità nei dettagli, una struttura indomabile e tante riflessioni profonde che spesso sfidano chi legge… a rileggere.

    Una citazione dal libro: «Non c’è molto da imparare dalla maggior parte delle cose che ci succedono, nonostante quello che si dice sul fatto che tutto ci renda persone migliori. Tantomeno esiste qualcosa che possiamo imparare da soli, anche se esaltiamo i camminatori solitari e le loro chiamate individuali che non nascondono però il broncio che hanno preso dai nonni, il rimorso altero che hanno ereditato dalle madri. Si è soliti dire che tutto ha un significato, ma non è che è un modo, per il terrore umano, di convivere con l’ingiustizia».

    Recensione di Federica Merlo
    Newsletter #29 - Giugno 2022

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  • 29-2
    Le malorose

    Sara Catella
    Casagrande, Bellinzona, 2022

    Parto dal dire che, ormai, ogni uscita di Casagrande, editore bellinzonese con un catalogo di pregio assoluto, è per me una certezza ancor prima di sfogliarla. E ...

    Parto dal dire che, ormai, ogni uscita di Casagrande, editore bellinzonese con un catalogo di pregio assoluto, è per me una certezza ancor prima di sfogliarla. E già questo, in un mondo editoriale dove si pubblica troppo e male (in maniera frettolosa, con poca cura per il prodotto e con poca attenzione alla promozione dello stesso) è un valore aggiunto di questa casa editrice che le va assolutamente riconosciuto.
    A scatola chiusa e, devo ammettere, anche su suggerimento dell’amico scrittore Sebastiano Marvin (grazie Seba!), ho quindi comprato anche la loro ultima uscita di narrativa, Le malorose, esordio della luganese Sara Catella.
    Il romanzo, frutto di una meticolosa ricerca fotografica (alcuni spunti derivano dall’archivio di Roberto Donetta, fotografo ticinese che visse a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo) è una sorta di monologo lungo una 80ina di pagine e composto da brevi capitoli, nel quale, la protagonista Caterina Capra, levatrice di Corzonesco, è «costretta» a causa del suo saper prendersi cura e della conoscenza dei rudimenti della pratica infermieristica ad assistere il curato del paese, don Antonio Bolgeri, ormai definitivamente allettato, totalmente inabile e non più in grado nemmeno di parlare. Tutto il racconto risulta essere una specie di confessione – dove il confessore ha solo orecchie per sentire – nella quale Caterina riversa tutte le frustrazioni della sua vita e di quella delle altre malorose, donne disgraziate, fiaccate dal lavoro, da una vita di stenti e spesso lasciate sole a portare avanti un paese che si svuota dei suoi uomini a causa della guerra o del tentativo di far fortuna altrove – in Francia nelle miniere, in Inghilterra e in America (interessante l’episodio legato al Titanic, che lascio scoprire ai lettori).
    Quello che, oltre al valore di denuncia – se avessimo una macchina del tempo Caterina Capra ai giorni nostri sarebbe, senza dubbio, una paladina dei diritti delle donne! – e alla memoria storica, mi ha stupito del libro è la capacità di Sara Catella di creare una lingua «sua», missando in maniera misurata il dialetto con l’italiano, ma senza che questa operazione pregiudichi in alcun modo la comprensione (c’è comunque un dizionario alla fine del volume) e anzi, riuscendo a sfruttare a pieno la potenza sonora ed evocativa della lingua parlata nei luoghi in cui la vicenda si svolge.

    Perché leggerlo? In questo caso, non vi do i miei "perché", ma vi invito ad andare in libreria, aprire il libro e leggere la prefazione di Laura Pariani… di sicuro filerete diretti alla cassa con Le malorose tra le mani.

    Una citazione dal libro: «O quella cosa di chiudere forte gli occhi, di riaprirli e sperare che quella disgrazia sia sparita. Lo saprà anche il beato lassù, che anche i pòura gent hanno dei sogni? Crescendo si diventa più tristi e desolati, alla fine non ci si spera neanche più. La vita è questa, quella da tütt i dì».

    Recensione di Nicolò S. Centemero
    Newsletter #29 - Giugno 2022

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  • 28-7
    Andarsene

    Peter Stamm
    Casagrande, Bellinzona, 2022

    L’editore bellinzonese Casagrande ha appena pubblicato (maggio 2022) in italiano il romanzo Andarsene, dello scrittore svizzero-tedesco Peter Stamm. ...

    L’editore bellinzonese Casagrande ha appena pubblicato (maggio 2022) in italiano il romanzo Andarsene, dello scrittore svizzero-tedesco Peter Stamm. Il libro – uscito in prima edizione tedesca nel 2016 – si apre con un uomo di nome Thomas che apparentemente vive una vita perfetta: due figli piccoli e una moglie affettuosa con i quali è appena tornato dalle vacanze estive in Spagna, una casa borghese in un paese della campagna svizzera, nessuna attrazione per altre donne, nessun litigio con la consorte Astrid, nessun problema di lavoro… eppure, senza alcun preavviso, mentre la moglie sta mettendo a letto i bambini, lascia a metà il bicchiere di vino che stava sorseggiando in giardino e se ne va. Fin qui ci sarebbero tutte le premesse per un ottimo thriller! Tuttavia, coloro che già conoscono lo scrittore svizzero sanno bene che il suo interesse non è la ricerca della suspence o del colpo di scena, bensì quello di lasciare indagare ai lettori, senza fornire indizi, le ragioni di un gesto – l’andarsene del titolo – e gli effetti che questo non solo ha sugli altri personaggi, ma anche sullo stesso fuggitivo.

    Perché leggerlo? Per la bravura stilistica di Stamm, da sempre la principale ragione che fa sì che io non mi perda nessuna delle sue nuove uscite!

    Una citazione dal libro: «Aveva sposato Astrid, avevano avuto dei figli, erano andati a vivere nella casa dei suoi genitori e un po’ alla volta l’avevano messa a posto. Costruire tutto quanto era costato molta fatica, e adesso abitavano in quella casa che andava pian piano in rovina in maniera impercettibile quanto inarrestabile. Da qualche parte aveva letto che la costruzione di un edificio terminava solo quando diventava un rudere. Forse lo stesso valeva anche per le persone».

    Recensione di Federica Merlo
    Newsletter #28 - Maggio 2022

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  • 28-9
    Il Mago di Riga

    Giorgio Fontana
    Sellerio, Palermo, 2022

    Giorgio Fontana, dopo Prima di noi (recensito in Sullo scaffale), ...

    Giorgio Fontana, dopo Prima di noi (recensito in Sullo scaffale), saga familiare di più di 800 pagine che attraversa tutto il 900 in Italia, torna con un libro breve (120 pagine) nel quale romanza la vita di Michail «Misa» Tal’ (1936-1992), detto il Mago di Riga, il più giovane Campione del mondo della storia degli scacchi prima di Kasparov.

    Serve essere appassionati o capirci qualcosa del gioco per leggerlo? La risposta è assolutamente no! Anzi, proprio qui sta la grandezza di certi scrittori come Fontana, capaci di partire da una storia, farci entrare nella vita di un personaggio, nelle sue ossessioni, nei suoi riti, nei suoi gesti e nei suoi pensieri, permettendoci di ritrovare molto di noi, di quello che vorremmo essere o di come vorremmo comportarci nella vita – sempiterna partita di scacchi che esige le nostre mosse.

    Val la pena solo aggiungere – non entrando in alcun dettaglio rispetto alle vicende per non rovinare al lettore il gusto della scoperta – che la prosa dell’autore è tra le migliori in circolazione al momento in Italia. La definii lineare e raffinata in Prima di noi, ma ne Il Mago di Riga Fontana riesce anche a fare meglio…  sembra quasi che le sue frasi «suonino»!

    Perché leggerlo? Perché il Mago, morto a soli 55 anni, pur fiaccato in vita da costanti malattie, è capace di trasmetterci un «gioioso, fraterno e dissipato desiderio di vivere» (cit. dalla quarta di copertina dell’edizione Sellerio)

    Una citazione dal libro: «Questo miraggio delle partite o delle vite senza sbagli: no, Misa si teneva volentieri il fallimento. Si teneva la vulnerabilità e lo scompiglio. Tanto valeva ubriacarsi o combinare pasticci, ma rispettare sempre la dignità del singolo essere umano. Meglio giocare, giocare per la pura festa di giocare, fino a che giorno e notte non perdano di senso: giocare con la devozione e la letizia dei ragazzini che strillano e non vogliono tornare a casa a fare i compiti o lavarsi – le stupide incombenze del mondo reale».

    Recensione di Federica Merlo
    Newsletter #28 - Maggio 2022

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  • 27-2
    L’altro nome (Settologia I-II)

    Jon Fosse
    La nave di Teseo, Milano, 2021

    Jon Fosse, scrittore norvegese che per i suoi meriti letterari vive nella residenza onoraria di Grotten, a Oslo, concessagli dal Re, è universalmente considerato ...

    Jon Fosse, scrittore norvegese che per i suoi meriti letterari vive nella residenza onoraria di Grotten, a Oslo, concessagli dal Re, è universalmente considerato uno dei massimi autori viventi (ogni anno il suo è uno dei nomi più quotati per la vittoria del Nobel). Tuttavia, nonostante sia molto prolifico e poliedrico – scrive raccolte di poesie, romanzi, libri per bambini e soprattutto testi teatrali – in italiano è arrivato ancora pochissimo della sua produzione, e, oltre a questo L’altro nome, La Nave di Teseo ha, per ora, pubblicato soltanto la novella Mattino e sera.
    L’altro nome è il primo di tre volumi di una settologia (sette parti), e contiene la parte uno e la parte due (Fosse stesso preferisce parlare di parti e non di libri). La storia narrata è molto semplice: Asle, un pittore anziano di buon successo, in grado di mantenersi con la sua arte, rimasto vedovo, vive da solo in un piccolo paesino norvegese ed è amico di Asle, il suo doppelganger, pittore anch’egli ma privo di alcun successo e consumato dall’alcool. Dopo un incidente che costringe quest’ultimo a un ricovero all’ospedale, l’Asle pittore di successo, si prende cura dell’amico e del suo cane Brage. Un altro aspetto importante della storia è che l’Asle pittore di successo sta dipingendo un quadro, una croce di Sant’Andrea composta da una linea marrone e una viola. Il quadro è al centro delle riflessioni su Dio e sull’arte, di cui la narrazione è intrisa.
    In realtà, entrambe le due parti di questo romanzo non sono altro che un lungo flusso di coscienza, privo di punti, in cui il lettore segue i pensieri che si affastellano nella mente dell’Asle di successo, che è il narratore in prima persona. A prescindere quindi dalla semplicità della storia – nel libro, fondamentalmente non succede nulla più di quanto accennato poc’anzi – la prosa di Fosse è qualcosa di incredibile e parecchio diverso da tutto quello che si può trovare oggi nelle librerie. Ripetitiva, quasi ecoica. Lo stesso messaggio, come a riprodurre quanto accade nelle nostre menti, viene spesso reiterato e, nel corso della lettura, che procede lenta come è giusto che sia per un libro che richiede costanti momenti di riflessione (quando non la rilettura di interi paragrafi!), ci sembra di intuire che il fine ultimo dello scrittore possa essere quello di volerci descrivere la monotonia dell’esistenza dell’uomo, il suo continuo interrogarsi sulla vita, sulla morte, sull’altro e sull’arte, e il rapporto con il trascendente, con la fede e con Dio.

    Perché leggerlo? Perché nonostante sia innegabile che, soprattutto all’inizio, la lettura de L’altro nome richieda un certo sforzo per riuscire ad accedervi, una volta che si è metabolizzato lo stile di Fosse, ci si rende qui davvero conto della forza della parola e delle possibilità che la letteratura ha d’indagare nel profondo l’animo umano.

    Una citazione dal libro: « […] e mi fermo davanti a osservarli, sono così belli, così belli che, se cercassi di dipingerli paragonandoli a quello che vedo, si trasformerebbero in un brutto quadro, penso, perché è così, è quasi sempre così, ciò che è bello nella vita su un quadro si imbruttisce perché è come se contenesse troppa bellezza, un buon quadro deve avere in sé un che di brutto per poter splendere come si deve, deve avere in sé elementi di buio […]».

    Recensione di Federica Merlo
    Newsletter #27 - Aprile 2022

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  • 27-3
    Domani avremo altri nomi

    Patricio Pron
    Sur, Roma, 2021

    Patricio Pron, classe ’75, è uno dei maggiori scrittori argentini della sua generazione. Con questo Domani avremo ...

    Patricio Pron, classe ’75, è uno dei maggiori scrittori argentini della sua generazione. Con questo Domani avremo altri nomi ha vinto nel 2019 il prestigioso Premio Alfaguara (tra i più importanti premi di letteratura in lingua spagnola).
    Per parlare di questo romanzo parto dalle belle parole che si trovano proprio sul sito dell’Alfaguara, che lo definiscono: «Laffascinante autopsia di una rottura damore, che va oltre lamore: è la mappatura sentimentale di una società nevrotica dove le relazioni sono prodotti di consumo […]». E nel corso della lettura la sensazione è stata davvero quella di trovarmi ad un tavolo autoptico su cui i due protagonisti, «Lui» e «Lei», sviscerano molte delle idiosincrasie e delle insicurezze dei giovani adulti di oggi. Pron, infatti, è riuscito in quell’operazione – che molti non tentano e che chi tenta spesso fallisce – di raccontare i trentenni in maniera estremamente lucida e senza essere indulgente nei loro confronti. Ne esce un romanzo pieno zeppo di spunti di riflessione nel quale, partendo da una coppia scoppiata dopo un quinquennio di convivenza, si vanno a toccare argomenti d’interesse sociale quali la differenza di genere, la maternità, il senso della relazione di coppia ai giorni nostri e si critica anche il mondo dell’editoria (il Lui protagonista è uno scrittore).
    Un capolavoro? Forse no… ma Domani avremo altri nomi ha il grande merito, a mio avviso, di far parte di quella letteratura di qualità (prosa eccellente, senza dubbio!) capace di parlare di contemporaneo senza peli sulla lingua e senza timori di accendere il dibattito su temi importanti.

    Perché leggerlo? Perché spesso tessiamo le lodi dei protagonisti… in questo caso, però, devo ammettere che il personaggio più riuscito non è né Lui, né Lei, ma M., l’amica e editor di Lui che, da sola, vale la lettura del romanzo.

    Una citazione dal libro: «[…]nel corso della sua vita adulta aveva maturato la certezza che l’attrazione per un’altra persona e il desiderio che ci appartenga sono inscindibili, ma non escludeva del tutto che una nuova generazione un po’ più ragionevole riuscisse a istituire altre forme di convivenza, principi diversi».

    Recensione di Federica Merlo
    Newsletter #27 - Aprile 2022

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Federica Merlo

Ricerca e documentazione

Educatrice. Svolge la sua attività clinica presso l’unità minorenni dell’OTAF e la sua attività di ricerca presso l’Istituto di Salute Pubblica della Facoltà di Scienze biomediche (USI). È collaboratrice della Fondazione Sasso Corbaro dal 2014.

Ha concluso un Bachelor in Lavoro Sociale e un MAS in Etica Clinica e Medical Humanities della SUPSI. Attualmente sta concludendo il quinto anno di Filosofia presso l’Università degli Studi di Milano.

Contatti: federica.merlo@sasso-corbaro.ch