Una ricerca sul tema della cura nel mondo dell’arte,
perché curare è un’arte e l’arte può essere cura.
- Semplice
Vaslij Kandinskij, 1916
acquarello, Centre G. Pompidou, ParigiQuesto acquarello di Kandinskij potrebbe benissimo accompagnare l’attesa in una sala d’aspetto dal medico, o fare da sfondo proprio durante una consultazione specialistica in studio.
L’astratto sembra quasi uno stile che ben si sposa ai luoghi di cura. Di questo genere di opere Kandinskij ne ha prodotte tante nella sua carriera, chiamandole molte volte soltanto Composizione numero...; e allora perché questo e non un altro? Proprio per il titolo: “Semplice”.
Eppure in questa semplicità c’è tutto: ci sono i colori primari, e i loro complementari. Ci sono le righe nette e le sfumate, linee dritte e curve, spesse e sottili, incrociate con ...
Questo acquarello di Kandinskij potrebbe benissimo accompagnare l’attesa in una sala d’aspetto dal medico, o fare da sfondo proprio durante una consultazione specialistica in studio.
L’astratto sembra quasi uno stile che ben si sposa ai luoghi di cura. Di questo genere di opere Kandinskij ne ha prodotte tante nella sua carriera, chiamandole molte volte soltanto Composizione numero...; e allora perché questo e non un altro? Proprio per il titolo: “Semplice”.
Eppure in questa semplicità c’è tutto: ci sono i colori primari, e i loro complementari. Ci sono le righe nette e le sfumate, linee dritte e curve, spesse e sottili, incrociate con armonia ed equilibrio. Ci sono forme quasi ancestrali, l’alternanza tra pieni e vuoti. Una semplicità disarmante, ma allo stesso tempo completa.
Che cos’è il gesto di cura se non un gesto semplice, ma che racchiude, in modo completo, la complessità dell’essere e dell’agire umano?
Settembre 2020, Newsletter 8
Continua a leggereChiudi - Il cortile dell’Ospedale di Arles
Vincent Van Gogh, 1889
olio su tela, collezione Oskar Reinhart (Winterthur).Il ricovero: periodo difficile, periodo di malinconie e pensieri. Dove ci si può sentire prigionieri, a volte della struttura, a volte di noi stessi.
In ques’opera Van Gogh rappresenta il cortile dell'Hotel-Dieu, l'antico ospedale di Arles, dove l’artista olandese era ricoverato tra il dicembre 1888 al maggio 1889 dopo il famoso taglio dell'orecchio. Se il periodo provenzale di Van Gogh è sempre stato contraddistinto da colori caldi e lussureggianti, in quest’opera l’artista fa trasparire tutta la mestizia del suo vissuto attraverso l’utilizzo di una tavolozza fredda, con molte tonalità di blu. Inoltre lo scorcio prospettico cosi forzato evidenzia il senso di ...
Il ricovero: periodo difficile, periodo di malinconie e pensieri. Dove ci si può sentire prigionieri, a volte della struttura, a volte di noi stessi.
In ques’opera Van Gogh rappresenta il cortile dell'Hotel-Dieu, l'antico ospedale di Arles, dove l’artista olandese era ricoverato tra il dicembre 1888 al maggio 1889 dopo il famoso taglio dell'orecchio. Se il periodo provenzale di Van Gogh è sempre stato contraddistinto da colori caldi e lussureggianti, in quest’opera l’artista fa trasparire tutta la mestizia del suo vissuto attraverso l’utilizzo di una tavolozza fredda, con molte tonalità di blu. Inoltre lo scorcio prospettico cosi forzato evidenzia il senso di oppressione, e di clausura provata in quel periodo. Siamo nei primi mesi dell’anno, e i colori accesi della struttura ospedaliera quasi stridono con le tonalità spente della natura spoglia e decadente. Non è quindi la struttura in sé che rende Van Gogh cosi malinconico, ma tutto quello che ci sta attorno e che quella struttura rappresenta.
Agosto 2020, Newsletter 7
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